Somministrare le medicazione
Vorrei trattare in questo articolo un tema spinoso quanto fondamentale per i nostri allevamenti; quello della somministrazione dei farmaci ai nostri amati pennuti. Con tale definizione indendo in particolar modo le modalità di somministrazione e le linee guida da utilizzare in maniera generica per garantire l’efficacia del farmaco impiegato.
Premesso che la medicazione fai da te può avere conseguenze davvero nefaste se mal somministrata, è però impossibile non fare menzione della scarsezza di preparazione nel personale qualificato in ambito veterinario riguardo alla sanità degli avicoli e del numero esiguo di specializzati in questa particolare branca. Tali fattori, cumulati all’impellenza necessaria nell’azione di profilassi, forzano molti piccoli allevatori ad auto-medicare i propri beniamini sperando nella bontà della loro diagnosi marcatamente non scientifica.
In questo articolo non si esporrà, comunque, nessuna cura miracolosa, nè si esalteranno le proprietà di qualche specifico farmaco e si rimanda sempre alla consultazione di professionisti del settore. Vorrei però aiutare il tacito pubblico dei tanti “auto-medicanti” a fare le cose in maniera corretta almeno dal punto di vista dei dosaggi.
Mi è capitato sovente di chiedere ad amici riguardo alle dosi da impiegare di un determinato farmaco ricevendo risposte generiche come un cucchiaino, un cc di siringa da insulina e così via. Nulla di più pericoloso e controproducente! Vorrei evidenziare che il sottodosaggio di alcuni farmaci antibiotici porta, nel giro di pochissime generazioni di patogeni, ad una resistenza del ceppo batterico verso il farmaco che andiamo ad impiegare. Questa è, ovviamente, anche la ragione per cui i trattamenti cosiddetti “preventivi” con antibiotici vanno, in ogni caso, evitati (meglio una scrupolosa igiene, provare per credere).
Molti farmaci recano una indicazione dei dosaggi da impiegare relativa al peso vivo degli animali. Cosa significa? Che, ad esempio, ogni TOT kg di animali trattati avremo necessità di impiegare il corrispettivo indicato di prodotto medico. Per cui, se stiamo trattando un intero recinto composto da 5 Plymouth Rock, di cui un gallo e quattro galline ci comporteremo come segue: lo standard della razza ci dice che il peso degli animali si aggira tra 3,5 kg (galli) a 2,5 kg (minimo galline). Dopo aver pesato qualcuno dei nostri animali faremo una media di natura aritmetica sommando, ad esempio, in questo modo; 3,5 (peso gallo)+ (2,8 x 4) = 14,7 kg/peso vivo. Il risultato, circa 15 kg di peso vivo, sarà il nostro riferimento nel dosaggio del farmaco. Se adesempio il dosaggio raccomandato è di 2 ml di prodotto x kg di peso vivo degli animali ne consegue che la quantità da impiegare sarà uguale a 2 x 15 = 30 ml.
A questo punto entra in gioco un ulteriore discorso fondamentale quanto incompreso dai più. Ammettiamo che i 30 ml (si ricorda, questo è un numero puramente di esempio) vadano disciolti in acqua, sarà allora nostro compito scegliere un quantitativo d’acqua tale da venir consumato totalmente o quasi dai nostri polli nell'arco di qualche ora o di una giornata. Se, infatti, somministriamo la cura alle giuste dosi ai nostri animali e questa non viene consumata o viene consumata in piccola parte, non solo non riceviamo da essa l’effetto desiderato ma rischiamo di alimentare la virulenza dei patogeni che acquistano resistenza perché esposti a dosi troppo basse del farmaco, a cui sopravvivono. Per tale ragione se, sempre secondo il bugiardino del farmaco impiegato, troviamo solo un’indicazione della dose riferita ai kg di peso vivo degli animali trattati, non spaventiamoci di diluire il farmaco in mezzo litro o un litro d’acqua se questo è tutto ciò che gli animali consumano.
Altro ragionamento va adoperato laddove il foglietto illustrativo, nostra unica guida alla somministrazione, indica un dosaggio specifico da considerarsi in base al liquido o all’ammontare di mangime utilizzato invece che al peso complessivo degli animali trattati. Ad esempio, “disciogliere 3 ml di prodotto per ogni litro d’acqua di bevanda”. In questo caso diluiremo o mescoleremo la dose indicata al giusto apporto d’acqua consigliato, indipendentemente da quanto gli animali consumano. Dovesse la quantità di liquido impiegata essere troppa per i fabbisogni di trattamento si procederà a dimezzare sia le dosi di liquido impiegato che di farmaco utilizzato.
I farmaci iniettabili rispondono spesso alle stesse necessità del nostro primo esempio: di solito il foglietto illustrativo indica la dose giusta da utilizzare in base ai kg di peso del volatile trattato. Ne consegue che se, ad esempio, dobbiamo iniettare 0,125 ml di farmaco iniettabile ad un animale malato abbiamo assoluta necessità di conoscere il peso esatto di quest’ultimo. Basterà una comune bilancia; utile per il dosaggio dei farmaci in polvere o anche liquidi è invece il bilancino di precisione da orefice. Diciamo che il nostro gallo White Rock pesa 3,4 kg, andremo a moltiplicare 0,125 x 3,4 e otterremo il valore di 0, 425 ml che sarà quanto necessario per trattare il volatile in maniera appropriata e non utilizzando paramentri di mera intuizione come 0,1 ml o altre banalità. Così facendo si va a introdurre nel corpo dell’animale la dose provata scientificamente in grado di debellare il patogeno.
La durata del trattamento è un altro criterio niente affatto arbitrario. Questa varia in funzione di quale malanno si sta cercando di combattere, ragion per cui, si comprenderà l’utilità di evitare di curare gli animali da autodidatta e rivolgersi a qualche capace specialista. Volendo in qualche modo generalizzare, e ciò non è necessariamente un bene, si dirà che molti mali alle vie respirarie necessitano in genere di trattamenti brevi e incisivi, dai 3 ai 4 giorni; le infezioni delle vie gastrointestinali (colibacillosi, pasteurellosi etc.) necessitano, invece, di trattamenti blandi e protratti spesso in più cicli (6 – 10 giorni).
Se, perciò, sospettiamo o trattiamo con certezza una patologia gastroenterica e sospendiamo il trattamento dopo soli tre giorni abbiamo nullificato i nostri sforzi e generato ceppi di batteri resistenti agli antibiotici perchè non abbiamo completato il trattamento. Una volta commesso un simile errore sarà spesso inutile un nuovo tentativo col medesimo farmaco; meglio utilizzare un nuovo antibiotico con diverso principio attivo e condurre un trattamento ex-novo a regola d’arte.
Un ultimo consiglio che vorrei dare agli amici avicoltori è quello di controllare la durezza dell’acqua impiegata per diluire i medicinali. Questo si può effettuare acquistando un kit per la misurazione della durezza impiegato in acquariofilia. In Italia molte acque di rubinetto sono piuttosto dure e ricche di carbonato di calcio. E’ risaputo che questa caratteristica modifica sensibilmente la quantità necessaria del farmaco da diluire. In linea di massima viene suggerito di aumentare la dose calcolata di circa un quarto (25%) nel caso di acque molto dure. Se, ad esempio, dobbiamo diluire in acqua 10 ml di prodotto, andremo a calcolare il 25% di 10 (10 x 0,25 = 2,5) e sommare il risultato alla dose iniziale: 10 + 2,5 = 12,5 ml. Così facendo otterremo la stessa efficacia del dosaggio saggiamente calcolato in ambito medico.