Il pollame di razza in Italia e all’estero. PARTE II: in Italia
Abbiamo parlato, nella prima parte di questo post, della situazione dell’avicoltura in disparate aree del pianeta, con voluta esclusione di alcune zone di rilievo che verranno trattate più in là, in separata sede.
E l’Italia? Dove si colloca l’Italia?
Bisogna premettere che, al di là di una vasta operazione recente di sensibilizzazione alla conoscenza delle razze tradizionali, l’Italia non è stata storicamente proscenio centrale per la selezione avicola di molte delle razze più famose ed allevate, anche di quelle derivanti da animali esportati verso l’estero dall’Italia come la Livorno (Leghorn, di selezione americana) e l’Ancona (made in UK). Nonostante ciò molti tipi autoctoni con indubbie radici storiche erano e sono tuttora presenti sul territorio italiano così come un vasto numero di soggetti appartenenti a razze estere. Il recupero della maggior parte delle razze storiche di selezione puramente italiana rappresenta un processo lungi dall’essere concluso, alla cui causa sono dediti allevatori di provate capacità e passione per il patrimonio zootecnico del nostro paese.
L’Italia, a modo suo, sta effettuando passi da gigante nel campo dell’avicoltura grazie soprattutto alla diffusione di associazioni dedicate e dei social network che mettono in comunicazione appassionati da ogni regione. Organismi come la Regia Stazione di Pollicoltura di Rovigo, e la catena delle assiociazione avicole nazionali, costituiscono, infine, il collante di una comunità giovane ma vibrante fatta sia di veterani che di novizi.
Per ciò che concerne la tipolgia selettiva predominante, l’Italia sta uniformandosi rapidamente al modello mitteleuropeo con predominio di polli ad uso ornamentale pur con interesse alla salvaguardia delle attitudini produttive di alcune razze particolarmente legate al territorio. Tale propensione attinge, probabilmente, alle nostre indiscusse doti di ornicoltori di piccole specie da compagnia, ad esempio i canarini. Negli ultimi anni si sono diffusi, ad opera di valenti selezionatori, eccellenti animali da esposizione, nonostante questo tratto rimanga molto variabile volendo operare una qualche generalizzazione.
Trovare esemplari con attitudine produttiva che si avvicini a quanto riportato nello standard è, ad oggi, assai difficoltoso per quanto riguardi la deposizione, più accessibile per il peso o il tenore di crescita (parametri più facilmente selezionabili e che meno risentono di una accentuata consanguineità).
Molti operatori zootecnici italici rimangono restii, per quanto detto, rispetto alle prestazioni delle nostre razze classiche operando, comunque, una comparazione inappropriata con gli ibridi creati dalla grande industria. Pur non potendo equipararsi a questi ultimi per capacità produttive (almeno nel primo anno), gli animali che acquistiamo alle mostre o alle fiere troppo spesso sotto-producono, in genere, dal 20 al 40 % rispetto a quanto richiesto dallo standard in termini di uova deposte annualmente. Come mai?
In parte lo si è già chiarito nel precedente articolo dove si trattava di selezione a scopo ornamentale vs. selezione a scopo utilitario. Ottenere piumaggi uniformi e taglie aderenti agli standard implica molto spesso una consanguineità dei riproduttori piuttosto spinta per fissare i caratteri desiderati.
Gli allevatori più esperti sapranno che uno dei primi effetti di accoppiamento tra stretti consanguinei che non sia mirato a fissare capacità di deposizione attraverso un inbreeding selettivo (linebreeding) è l’immediato calo del livello della stessa come conseguenza di una perdita generalizzata di vigoria.
Questo effetto è dovuto al restringimento del pool genetico dei soggetti selezionati con conseguente raggiungimento graduale del famoso “collo della bottiglia”, l’omozigosi per la maggior parte dei caratteri ereditati con conseguente incapacità di apportare migliorie al ceppo senza introdurre nuovo sangue.
In altra parte, ciò è dovuto alla graduale perdita di resistenza che porta con sè la stretta consanguineità (inbreeding depression) e alla selezione non mirata verso il mantenimento di questa caratteristica utilitaria.
Sta di fatto che la maggior parte degli animali acquistati in Italia (e spesso anche in Europa continentale) se non necessariamente peccano in numero di uova deposte per anno, mostrano una evidente variabilità verso questo parametro. E’ mia personale opinione che, più che a causa dell’inbreeding, i nostri uccelli pecchino in uova deposte per la generale mancanza di pianificazione nella selezione da parte di una maggioranza di piccoli allevatori. I volatili che acquistiamo sono, spesso, variabilissimi sotto molti aspetti, fattore che non deve affatto spaventare ma che rende bene l’idea della necessità di un accurato modello da impiegare nella selezione se le attitudini originarie della razza devono essere ripristinate.
Si parlerà, comunque, di strategie adottabili in un separato post consapevoli che le caratteristiche produttive sono di primaria importanza per assicurare la perpetrazione delle razze che amiamo custodire e per il loro ritorno in azienda e nelle aie.